Tempesta globale e imprese italiane: dazi, energia e credito frenano la crescita
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Tempesta globale e imprese italiane: dazi, energia e credito frenano la crescita
Il 2025 si è aperto con un clima economico tutt’altro che sereno. Le tensioni geopolitiche, la guerra commerciale tra Stati Uniti e resto del mondo, l’incertezza sull’approvvigionamento energetico e una politica monetaria ancora prudente stanno creando un contesto difficile, soprattutto per chi ogni giorno manda avanti una piccola impresa.
Lo scenario è delineato con chiarezza nell’ultima analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato, che – attraverso i dati di Banca d’Italia, BCE, Eurostat, Istat, Mef e altri enti – fotografa una realtà in cui le micro e piccole imprese italiane sono esposte a forti venti contrari. Ma cosa sta succedendo, esattamente, e quali sono le conseguenze più immediate per chi produce, esporta, investe e dà lavoro nel nostro Paese?

Una crescita che rallenta
Partiamo dal dato forse più emblematico: la crescita del PIL. Per il 2025, le stime ufficiali prevedono un aumento dello 0,6%. Una crescita moderata, inferiore rispetto a quanto ci si aspettava solo pochi mesi fa. Dietro questa revisione al ribasso c’è soprattutto l’effetto dei dazi imposti dagli Stati Uniti, che hanno colpito duramente le esportazioni italiane, mettendo un freno a uno dei motori principali della nostra economia.
L’Italia, va ricordato, è tra i primi tre esportatori dell’Unione Europea, ma è la prima per valore esportato dalle imprese con meno di 50 addetti. Questo significa che a pagare il prezzo più alto della frenata degli scambi internazionali sono proprio le piccole imprese, spesso altamente specializzate e integrate in filiere globali.
Un’industria in difficoltà
Il rallentamento dell’export si somma alla contrazione della produzione industriale. Nei primi due mesi del 2025, l’attività manifatturiera è calata del 3,2% rispetto all’anno precedente. I settori più colpiti sono due pilastri del made in Italy: la moda, che segna un -12,7%, e la meccanica, in calo del 6,2%. Ancora più allarmante è il dato sull’automotive: la produzione di autoveicoli è crollata di quasi il 35%.
Questo dato non è solo un campanello d’allarme per il settore auto in sé, ma per tutto l’indotto di micro e piccole imprese che ruota attorno a esso: meccanica di precisione, lavorazioni dei metalli, produzione di componenti. La crisi tedesca, le incertezze sulla mobilità elettrica e ora anche i dazi statunitensi contribuiscono a peggiorare la situazione.
Energia e inflazione: costi in salita
Un altro nodo critico è rappresentato dall’energia. A marzo 2025, in Italia i prezzi al dettaglio di elettricità e gas sono aumentati dell’8,8% rispetto all’anno precedente, contro una media europea del +2,5%. Il rischio è che una nuova ondata di inflazione energetica possa frenare la ripresa, aumentare i costi di produzione e ridurre ulteriormente i margini di redditività delle imprese.
Credito e investimenti: la stretta continua
Dal lato degli investimenti, la situazione resta difficile. Nonostante un primo timido taglio dei tassi da parte della BCE, il costo del credito per le imprese italiane è ancora alto: 4,12% a febbraio, ben al di sopra dei livelli pre-stretta. Questo scoraggia gli investimenti, soprattutto in tecnologia e innovazione. A complicare le cose, il piano “Transizione 5.0”, pensato per incentivare la trasformazione digitale ed energetica delle imprese, è ancora poco utilizzato: appena l’11% delle risorse stanziate è stato prenotato o speso.
Occupazione: ancora in crescita, ma con riserve
Un elemento positivo arriva dal mercato del lavoro: a febbraio si registrano 567.000 occupati in più rispetto all’anno precedente, con un incremento soprattutto tra i dipendenti a tempo indeterminato e i lavoratori autonomi. Tuttavia, questa tendenza potrebbe essere compromessa nei prossimi mesi: secondo le stime dell’Ufficio Studi, solo a causa dei dazi le imprese manifatturiere rischiano di perdere 33.000 posti di lavoro.
Le proposte di Confartigianato per affrontare la tempesta
Nel pieno di questa congiuntura complessa, diventa indispensabile sostenere le piccole imprese con politiche economiche più flessibili e mirate. Confartigianato chiede con forza che le nuove regole europee consentano margini maggiori per interventi anticiclici a favore dell’economia reale, non solo per le spese militari. Occorre accelerare l’attuazione del PNRR, sbloccare l’accesso agli incentivi del piano “Transizione 5.0” e facilitare il credito per chi investe in innovazione, sostenibilità e crescita. Inoltre, è fondamentale che la politica economica nazionale riconosca il ruolo cruciale delle micro e piccole imprese, le più colpite dalla guerra commerciale ma anche le più capaci di generare occupazione e valore aggiunto. Solo sostenendo concretamente queste imprese sarà possibile trasformare le difficoltà attuali in nuove opportunità di rilancio per l’intero Paese.







