






L’intensificazione delle guerre commerciali porta ai massimi l’incertezza sugli scambi internazionali. Lo rivela lo studio di Confartigianato Imprese che registra un rallentamento nella crescita nell’area dell’euro.
Nelle previsioni della BCE di marzo il tasso di crescita del PIL mondiale (con esclusione dell’area dell’euro) è ritoccato al ribasso di 0,1 punti percentuali nel 2025 e di 0,2 punti nel 2026. Poiché l’economia dell’Eurozona ha un grado di apertura maggiore e la composizione delle sue esportazioni è orientata verso beni durevoli, le previsioni della BCE calcolano un impatto più pronunciato, con una crescita dell’export del +0,8%, in rallentamento rispetto al trend del 2024 (+0,9%) e dimezzata rispetto alle previsioni di dicembre 2024 (+1,6%). Di conseguenza si registra un ribasso della crescita del PIL reale nell’area dell’euro di 0,2 punti percentuali sia nel 2025 che nel 2026.
La frenata dell’export si ripercuote in particolare su Germania e Italia, le due maggiori economie manifatturiere dell’Eurozona, aggravando un bilancio dell’export che per l’Italia nel 2024 è in negativo, segnando un calo dello 0,4%. La flessione è risultata contenuta grazie alla tenuta delle vendite del made in Italy nei settori di micro e piccola impresa (MPI): alimentari, moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, tra cui gioielleria ed occhialeria, comparti in cui l’occupazione nelle imprese con meno di 50 addetti supera il 60%. Infatti, la diminuzione dello 0,4% dell’export totale è la combinazione di un aumento del 3,0% dell’export nei settori di MPI e di una flessione dell’1,6% nel resto della manifattura. Nel 2024 l’export nei settori di MPI sale a 176,1 miliardi di euro, pari al 9,0% del valore aggiunto.
Si osserva una robusta crescita per gioielleria, occhialeria e altre industrie manifatturiere, che segna un +19,6% e per i prodotti alimentari con 9,8%. Segno positivo (+0,7%) per l’export del legno, mentre sono in territorio negativo i prodotti in metallo con -2,2%, i mobili con -2,6%, e la moda con un calo del 4,5%. In quest’ultimo settore si osserva un segno positivo, in controtendenza, in Piemonte e Veneto. Il calo della domanda estera dei prodotti in metallo e del tessile, abbigliamento e pelle sono tra i fattori che connotano la grave crisi in corso della meccanica e della moda.
Nell’analisi per le regioni con un peso delle esportazioni nei settori di MPI sul valore aggiunto regionale superiore alla media, evidenzia una maggiore crescita dell’export in questo cluster settoriale in Toscana con +13,6%, una crescita in linea con i restanti settori. Seguono il Piemonte con +3,6% nei settori di MPI a fronte del -7,6% dei restanti settori che nel complesso determina una variazione dell’export regionale del -4,9%, Emilia-Romagna con +1,7% nei settori di MPI a fronte del -3,2% dei restanti settori che nel complesso determinano un calo del 1,0% dell’export regionale. In Friuli-Venezia Giulia la leggera flessione (-0,5%) nei settori di MPI è bilanciata dal +0,4% dei restanti settori che nel complesso determina una tenuta (+0,2%) dell’export regionale. Segno negativo diffuso in Veneto con un calo dell’1,7% nei settori di MPI a fronte del calo dell’1,9% dei restanti settori che nel complesso determina una variazione dell’export regionale del -1,8%. In Lombardia il calo dell’1,7% nei settori di MPI è bilanciato dal +1,4% dei restanti settori che nel complesso determina una variazione positiva (+0,6%) dell’export regionale. Nelle Marche si osserva un calo più contenuto (-3,9%) nei settori di MPI, a fronte del forte calo (-38,4%) dei restanti settori che nel complesso determina una flessione del 29,7% dell’export regionale.